Scorrendo le cifre dei conti statali, emerge che nel 2020 i finanziamenti alle Forze Armate cresceranno del 6,4%, pari a quasi un miliardo e 600 milioni di euro in più, rispetto al 2019 (secondo l’osservatorio sulle spese militari italiane, MIL€X), mentre i finanziamenti aggiuntivi legati all’emergenza Covid per il 2020 saranno di un miliardo e 470 per il settore scuola università e ricerca (dossier parlamentare sugli scostamenti di bilancio).
Se la pandemia doveva cambiare tutto, non ha cambiato la religione del Prodotto Interno Lordo e la fede in essa di politici e governanti. Infatti chiudere servizi pubblici e affidarli ai privati fa aumentare il PIL, assumere lavoratori della sanità e della scuola pubbliche lo fa diminuire. Arruolare militari non fa aumentare direttamente il PIL ma, visto che non svolgono servizi utili, i loro dispendiosi giochi di ruolo lo fanno aumentare. L’aumento delle spese militari si rifà al Documento Programmatico Pluriennale; in attesa della legge sessennale che, nelle intenzioni della Difesa, consentirebbe di dare continuità agli investimenti delle Forze Armate e certezze all’industria degli armamenti. La pianificazione finanziaria delle FF.AA. ha due obiettivi:
– portare il livello di investimento del militare al 2% del PIL, parametro individuato dalla NATO, attualmente l’Italia si trova nella 12° posizione, nei paesi NATO con un 1,3% (prima la Grecia che segna quota 2,5%);
– garantire la continuità dei finanziamenti alle missioni internazionali.
Ebbene, portare in sei anni dall’1,3 al 2% sul PIL la spesa militare significa aumentarla non dello 0,7, ma del 54% che, diviso per i sei anni previsti, porta ad una media in bilancio del 9 percento! Nei prossimi tre anni, invece, il bilancio del Ministero Istruzione, Università e Ricerca prevede, secondo i dati dello stesso ministero, una riduzione dai 60 miliardi e 541 milioni del 2020 ai 58 miliardi e 707 milioni del 2021, per arrivare, nel 2022, a 56 miliardi e 563 milioni. Quindi, secondo le previsioni pre-pandemia, mentre prevede di aumentare le spese militari del 9%, il Governo riduce gli stanziamenti per la scuola del 3,03% nel 2021, un miliardo e 834 milioni di euro.
Di fronte all’emergenza Coronavirus il governo ha deciso due successivi scostamenti di bilancio. Il Parlamento ha approvato due aumenti del saldo netto da finanziare per complessivi 180 miliardi. Si tratta di soldi veri, immediatamente disponibili. Rispetto al bilancio preventivo per il 2020, che prevede spese finali per 662 miliardi e 584 milioni, l’aumento degli impieghi è stato del 27,10%; se invece consideriamo il saldo netto da finanziare, è passato da 78 miliardi e 505 milioni a 258 miliardi e 805 milioni. Si tratta di uno sforzo gigantesco, ma proprio a fronte di questo sforzo, che peserà sulle future generazioni, appare ridicolo lo stanziamento per l’istruzione, un miliardo e 438 milioni, lo 0,80%!
Per avere un’idea di cosa parliamo, gli stanziamenti per infrastrutture e trasporti sono pari a un miliardo e 657 milioni di euro. Andando poi ad analizzare le varie voci, vediamo che 480 milioni sono destinati ad Alitalia, mentre al trasporto pubblico locale sono destinati 525 milioni, e tutto questo al netto dei vari contributi straordinari alle imprese, alle moratorie fiscali e contributive ecc. Analizzando nel dettaglio i finanziamenti per scuola, università e ricerca, vediamo che un miliardo e 58 milioni sono per la scuola, mentre 340 milioni sono per l’università, e alla ricerca vanno 40 milioni. In realtà i finanziamenti sono ancora inferiori, perché vanno detratti complessivi 280 milioni destinati a vario titolo alle scuole private, in barba al dettato costituzionale che non debbano gravare sul bilancio dello Stato.
Dietro questi numeri c’è una scelta politica precisa, e inevitabile, che il governo cerca in tutti i modi di nascondere.
Il 22 luglio, in un incontro al MIUR con i sindacati “maggiormente rappresentativi”, il Capo dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali del Ministero dell’Istruzione ha fornito un riepilogo di tutti i finanziamenti stanziati fino a quel giorno a favore del sistema scolastico per far fronte alla pandemia. L’autorevole dirigente del ministero ha parlato di circa un miliardo e 800 milioni; il dossier del Parlamento parla di un miliardo e438 milioni compreso Università e ricerca, e il dossier è del 27 luglio. Il Governo ha mentito e i sindacati pronta-firma ci hanno creduto!
In pratica le risorse aggiuntive non ci sono, e lo dimostra l’organizzazione della scuola: gli uffici scolastici regionali hanno elaborato le tabelle delle classi utilizzando ancora il divisore 28, rinnovando la pratica delle classi-pollaio.
Questi numeri confermano due tendenze di lungo periodo e una conseguenza.
Innanzitutto, il rapporto fra forza e consenso su cui si reggono i governi e le classi privilegiate si sta sempre più alterando a favore della forza: la crisi complessiva del sistema capitalistico, testimoniata dal declino di lungo periodo del tasso di crescita economica degli stati imperialisti, riduce progressivamente i margini di manovra dei governi. Come dice Alan Freeman in una intervista a La Città Futura: “hanno mantenuto finora un certo grado di stabilità sociale aggredendo i paesi del Sud globale e limitando così la profondità dei loro attacchi alle proprie classi lavoratrici. Adesso sono obbligate ad effettuare entrambe le offensive simultaneamente, sebbene naturalmente, come di consueto, attacchino i popoli del Sud con ferocia sempre maggiore rispetto alle proprie classi lavoratrici e povere. Di quello che si è fatto alle classi lavoratrici delle nazioni europee e dell’America del Nord, per quanto crudele sia stato, niente è stato altrettanto brutale e lontanamente comparabile alle sofferenze inferte, per fare l’esempio più estremo di un fenomeno del tutto generale, al popolo palestinese”.
Ciò significa che, per ragioni interne ed esterne, i governi devono destinare sempre maggiori risorse alla struttura militare, intesa come ultimo baluardo dell’ordine costituito e strumento per mantenere un’area di influenza all’esterno.
La scuola appare quindi la vittima sacrificale predestinata: l’uso massiccio della Didattica a distanza permetterebbe di risparmiare sull’edilizia scolastica e condizionerebbe il numero di alunni per classe alla capacità degli strumenti informatici, oltre a consentire ai dirigenti un controllo più stretto sui contenuti dell’insegnamento e un maggior disciplinamento delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola.
Dal punto di vista del Prodotto Interno Lordo poi, l’aumento del disavanzo pubblico e il conseguente aumento della liquidità porta con sé la necessità di aumentare il PIL, visto che disavanzo e liquidità vengono regolati in percentuale sul PIL. Fra i vari settori dell’amministrazione pubblica, il militare è quello a più alta intensità di capitale, quindi un investimento in questo settore, dal punto di vista del PIL, è più vantaggioso di un investimento nella scuola perché si traduce in un maggior numero di commesse all’industria, con conseguente aumento del PIL. Un investimento nella scuola, invece, poiché si porta dietro un maggior aumento di personale ha un effetto benefico minore per il Prodotto Interno Lordo. Ecco che i costosi giochi di ruolo dei militari vengono trattati con un occhio di riguardo dal Governo.
La conseguenza di questa politica è l’aggravarsi della crisi finanziaria dello Stato: la spesa militare aggrava il deficit e il deficit aggrava l’inflazione, che pesa soprattutto sui senza reddito e sulle persone a reddito fisso, lavoratori dipendenti e pensionati, trasformandosi in un’ulteriore leva per lo spostamento del reddito verso le fasce alte della popolazione. Si tratta di una tendenza già in atto, e che la politica del governo sta soltanto aggravando.
Tiziano Antonelli